Memorie della famiglia Pertica - Il nuovo "Quaderno della Biblioteca"
Il Prof. Mario Pertica ha scritto questo piccolo saggio per ricordare i Capitani a cui la famiglia deve la propria fortuna faticosamente costruita con grandi rischi ed avventure. Patrimonio e fortuna che praticamente è finita con il naufragio del piroscafo "Bianca Pertica" (1878) da cui è iniziato il declino e la dispersione dei beni e delle varie discendenze.
La famiglia Pertica era attiva a Finale da tempi antichissimi, ma l'arco temporale che ha visto crescere ed affermarsi il naviglio dei Pertica è di circa duecento anni, il tempo per vedere crescere, consolidare e decadere la sua fortuna.
Nel secolo tra il seicento ed il settecento dal commercio costiero di piccolo cabotaggio si passò alle grandi navi ed al commercio verso il mondo. Le navi venivano costruite ed allestite sotto gli occhi vigili dell'armatore che molto spesso diventa il loro Comandante.
Le navi... questi grandi "oggetti", durante i viaggi in paesi lontani rappresentavano il loro mondo, un microcosmo di ricordi, passioni e civiltà.
I capitani Pertica esistevano per la loro imbarcazione, la barca era "la cosa" in cui si identificavano e venivano identificati; la merce e le ricchezze erano la naturale conseguenza: ma la nave era l'oggetto per antonomasia con cui misuravano l'esistenza. Gli edifici, le rimesse ed i granai erano accessori utili all'impresa sul mare, i beni e le ricchezze dovevano essere accumulati perché potevano diventare una risorsa economica per costruire una nuova "barca". I Capitani Pertica più intraprendenti sono scomparsi con la loro nave in posti lontani. Le loro case e i loro oggetti sono rimasti a Finale in attesa di essere consumati.
Una volta perduto il naviglio si è cancellato il loro mondo. Sono rimasti ricordi e sentimenti in forma di cose. Quegli oggetti rimasti sono lo specchio di quello che siamo e di quello che siamo stati, delle persone che hanno popolato la nostra esistenza e di quelle che ci hanno accompagnato nelle fasi della vita....
(dall'Introduzione di Nicolò Francesco Scarabicchi)